L'utilizzo
di un qualcosa che identificasse in maniera univoca un soldato,
soprattutto in caso di decesso in guerra, è stata una necessità
che si era avvertita in tutte le guerre che l'uomo ha
combattuto.
Vennero
cercate differenti soluzioni, fino ad arrivare ad una sorta di
schedatura dei militari, magari con semplici fogli di carta dove
venivano scritti i nomi, fino ad arrivare agli stessi
commilitoni che erano pronti ad identificare le salme dei
soldati uccisi in battaglia, il tutto perché spesso e volentieri
le famiglie più abbienti volevano a tutti i costi i corpi dei
loro cari deceduti in guerra per dare una sepoltura.
Purtroppo
questa pratica, perfetta teoricamente, inizia a mostrare le
proprie lacune durante le battaglie, quando non si avevano a
disposizione per il riconoscimento delle salme nessuno dei
commilitoni, oppure quando il soldato rimaneva completamente
sfigurato, ma si sperava sempre di poter comunque identificare
il soldato grazie a qualche oggetto personale o qualche
foglietto o lettera dove risultava il suo nome, ma anche questa
speranza mostrò delle lacune incolmabili.
Capitava
a volte che le salme rimanessero per giorni sul terreno prede di
animali carnivori e di sciacalli che depredavano i morti di ogni
minimo oggetto di valore, ed in questo caso, anche eventuali
testimonianze cartacee venivano distrutte o rese illeggibili
oltre che per il fatto che i corpi iniziavano ad andare in
putrefazione, anche per eventuali condizioni meteorologiche,
come pioggia o neve.
Il
tutto senza contare che molte volte i corpi dei caduti venivano
sotterrati il più presto possibile, magari ricoperti di calce
viva, proprio per evitare la loro putrefazione all'aria ed il
proliferarsi di malattie che avrebbero fatto ancora più vittime
della guerra stessa.
Da
qui la necessità di dotare i propri soldati di qualcosa che
identificasse in maniera univoca l'identità del militare,
necessità che però sembra nascere dalla necessità dei soldati di
dotarsi di "documenti di riconoscimento" certi, per evitare in
caso di morte di essere buttati insieme agli altri corpi dei
caduti senza nome.
Ufficiosamente
i primi piastrini identificativi in larga scala nascono in
America ad opera dei soldati nordisti che iniziarono a dotarsi
di una sorta di piastrino di riconoscimento artigianale,
realizzati incidendo il proprio nominativo sia su monete e sia
su placchette metalliche, e su questi rudimentali piastrini
venivano fatti a volte un foro ed a volte due fori, a seconda
che si decideva di tenerla al collo tramite una corda o una
catenina, oppure di inserirla in un braccialetto da portare
sempre al polso.
Molti
soldati iniziarono non solo a mettere il proprio nome e cognome,
ma iniziarono anche ad incidere il corpo di appartenenza, il
loro numero matricolare ed anche la città e lo stato di origine,
insomma una carta d'identità metallica a tutti gli effetti,
capace di identificare in maniera univoca il proprio possessore.
Alcuni
commercianti, iniziando a vedere una buona fonte di guadagno,
iniziarono a fare e pubblicizzare questi piastrini, spesso fatti
in argento, ma questi oggetti potevano essere acquistati
esclusivamente da una piccola parte dei soldati, visto il costo
non indifferente e così si iniziarono a commercializzare anche
piastrini fatti con materiali meno pregiati.
Mentre
in America, anche se non ufficialmente, si iniziarono a
diffondere questi primi modelli di piastrini identificativi, in
Europa si continuava ancora ad usare il classico biglietto in
carta che aveva comunque in eredità i problemi già descritti.
Nella
seconda metà del 1800 fu l'esercito Prussiano ad utilizzare i
primi piastrini ufficiali in metallo, seguito da quello
dell'esercito Austro Ungarico, che continuava ad utilizzare il
classico foglietto di carta, ma questa volta racchiuso in un
piccolo contenitore metallico rettangolare.
Nel
giro di pochi anni anche altri eserciti iniziarono a munire i
propri soldati con piastrini metallici, quasi tutti con le
scritte battute o in rilievo, unica vera soluzione alla
possibilità di perdere i dati che ancora avevano quelli in
carta.
In
Italia si iniziarono ad adottare i primi piastrini ufficiali
verso la fine del 1800, con dei piastrini tutti particolari, un
rettangolo di zinco con quattro buchi ai lati e con su scritti i
dati del militare con un particolare inchiostro indelebile, ma
questo piastrino, da molti oggi chiamato piastrino da cappotto,
aveva il grosso problema che se per un motivo qualsiasi non si
indossasse l'indumento su cui era cucito, l'identità del
soldato, in caso di morte, rimaneva sconosciuta, e allora, verso
l'inizio della prima guerra mondiale, si iniziò ad utilizzare un
modello diverso di piastrino, cioè il solito foglietto di carta
messo all'interno di un contenitore metallico rettangolare,
munito di un occhiello e di una catenina, da portare al collo.
Sempre
all'inizio del 1900 altri stati, come America ed Inghilterra
iniziarono a dotare i propri militari con questi piastrini
identificativi, questa volta entrambi gli stati realizzarono i
piastrini su dischetti tondi metallici.
Quindi
possiamo tranquillamente dire che agli inizi del 1900 il
piastrino identificativo portato da tutti i soldati dei vari
eserciti iniziò a fare il proprio lavoro, evitando per quanto
possibile di lasciare centinaia o migliaia di soldati morti in
battaglia senza un'identità.
Ma
la cosa doveva ancora essere migliorata, un solo piastrino non
risolveva del tutto i problemi, se veniva lasciato sul corpo del
morto per un'eventuale identificazione successiva non poteva
essere riportato indietro per verbalizzare la morte del soldato
stesso, per cui, anche se in maniere diverse si cercò di ovviare
a questo inconveniente raddoppiando le piastrine.
E così troviamo che i soldati
Americani, ma anche quelli inglesi, avessero due piastrine
distinte e separate, i Tedeschi continuavano ad averne una ma
che era eventualmente possibile dividere in due mezze piastrine,
mentre quelle Italiane erano due piastrine sovrapposte con
quella sopra che teneva ferma quella sotto e che con un piccolo
sforzo potevano essere divise.